La nanotecnologia è un argomento di cui si parla diffusamente da alcuni anni tanto da non essere più un tema per i soli addetti ai lavori. Questo lo si deve soprattutto all’ampio numero di applicazioni che questa tecnologia può avere nei più svariati campi, tra cui l’elettronica, la medicina, la produzione di energia e come si vedrà l’agricoltura.
È buona premessa precisare che la nanotecnologia è tale quando si ha la progettazione e la realizzazione di oggetti con dimensione inferiore ai 100 nm (1nm = 1m*10-9 - un miliardesimo di metro). Lo scopo principale di questa tecnologia è quello di ottenere un aumento delle prestazioni e un minor consumo di energia e di materiale rispetto alle tecnologie tradizionali.
I vantaggi in campo informatico derivanti dalla realizzazione di chip della dimensione di un’unghia composti da miliardi di transistor sono evidenti, più difficile, se non si hanno adeguate conoscenze, è invece apprezzare i vantaggi che questa tecnologia può dare nell’ambito agricolo.
FCP Cerea in collaborazione con il dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, forte di queste conoscenze, ha brevettato nel 2019 la tecnologia NANO.T, per la realizzazione di sospensioni liquide i cui granuli primari possono variare da pochi nanometri e qualche decina di nm in funzione dell’elemento di cui sono costituiti (fosforo, ferro, rame, zinco, ecc.).
I principali benefici che questa tecnologia apporta sono:
- Fertilizzanti ad alta persistenza, efficaci e stabili in un ampio range di pH (1-10) del terreno e attivi in qualsiasi condizione di luce e temperatura (a differenza dei prodotti tradizionali e chelati)
- Minor impatto ambientale poiché le nanoparticelle sono trattenute dal suolo e non soggette a lisciviazione - cosa che succede ai chelati di ferro a base di EDDHA.
- Maggiore superficie di contatto con la pianta (e quindi migliore assorbimento) a parità di prodotto utilizzato, rispetto alle soluzioni tradizionali.
Nello specifico dell’uva da tavola Nano.T Fe risulta particolarmente utile nel contrasto alla clorosi ferrica, problematica presente nelle colture arboree coltivate in terreni agricoli ricchi di calcare e con pH elevato (maggiore di 8,0). Questa tipologia di clorosi è molto diffusa in Italia e viene definita clorosi indotta in quanto le alte concentrazioni di calcare attivo e il pH elevato bloccano il ferro (precipitazione di sali a base di ferro) e ne limitano fortemente la disponibilità alle piante.
Nano.T Fe in fertirrigazione si muove per flusso di massa rimane nel terreno in prossimità delle radici non precipita perché è già in forma solida. Ciò garantisce un effetto nutritivo e di prevenzione della clorosi dato che anche il ferro non utilizzato dalla pianta rimane comunque nel suolo (no lisciviazione negli stati profondi del suolo e delle falde acquifere) arricchendo i terreni.
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